giovedì 26 settembre 2013

Il Tao

Il secondo ideogramma che ho imparato a leggere è stato questo: 道, cioè "dào" (in pinyin), cioè mille significati, ma il più comune e pertinente in questo campo credo sia Via. C'è chi, come me, preferisce però parlare di Tao, senza bisogno di tradurlo, perché "tradurre è tradire", soprattutto in casi come questi, dove in un carattere è condensato un enorme concetto filosofico e la filosofia è un campo in cui voler spiegare o chiarire tutto è un viziaccio da perdere (parola di filosofa!).

Il carattere, così come il concetto, del Tao l'ho trovato nel Tao Te Ching. Non l'ho letto tutto nè tantomeno studiato/capito (va beh che "capire" non è nemmeno un bel modo di porre la faccenda), però all'epoca fui letteralmente folgorata dalla prima frase del primo capitolo, che secondo l'edizione Adelphi recita:

La Via veramente Via non è una Via costante

E che invece in cinese suona (o appare):

道可道, 非常道
(dào kè dào fēi cháng dào)

Dal basso della più completa ignoranza memorizzai a macchinetta questa frase e non la dimenticai più, insieme alla seguente, "名可名, 非常名", cioè "míng kè míng fēi cháng míng", ossia "I Termini veramente Termini non sono Termini costanti".

Lì ricevetti l'illuminazione: la via della perfezione - intesa come "perfetta riuscita di ogni progetto" - mi era preclusa (a livello ontologico/esistenziale). 

Non sto scherzando, sono sempre stata una perfezionista tendente alla depressione (poichè quando vuoi una cosa e non la ottieni, non puoi saltare di gioia), ma leggendo le prima due righe dei Tao capii che la ricerca di quel tipo di perfezione (una perfezione molto occidentale, detto en passaint) non era una ricerca sensata al di là del suo esito.

Meditai per anni di farmi tatuare quella frase da qualche parte: se all'epoca fossi stata ricca, ora ce l'avrei addosso.


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