lunedì 30 settembre 2013

Lez 3 Lingua Cinese, lunedì 30/09



Le prime testimonianze della scrittura cinese sono incisioni su carapaci di tartarughe e scapole di bovino. Questi oggetti risalgono al 1500 a.C. e venivano usati a scopo divinatorio: erano esposti alle fiamme e in base alle crepe e alle spaccature che si producevano gli indovini vi leggevano il futuro. Chi richiedeva la divinazione incideva delle domande sull’oggetto e spesso se ne incidevano poi le risposte dell’oracolo:


 

 I caratteri di allora erano molto diversi dal cinese che conosciamo:


1. Erano incisi, come abbiamo detto, e non tracciati con un pennello.

2. I caratteri non hanno dimensione standard, ma ve ne sono di più grandi e di più piccoli.

3. Sono pittogrammi, rappresentano cioè graficamente l’oggetto che vogliono significare.

 



Intorno al VIII- IX secolo, invece, si comincia a fondere oggetti in bronzo e si scrive su di essi. Questi bronzi sono ovviamente oggetti preziosi, non di certo alla portata di tutti, e venivano prodotti in occasioni rituali, per celebrare la vittoria di una guerra o un’ascesa al trono o dei banchetti importanti. La maggior parte di essi sono stati rinvenuti all’interno di tombe. I caratteri si fanno più regolari, ma sono ancora pittografici e perciò semplici.
La scrittura cinese come la conosciamo noi si forma nel I secolo a.C.
A quell’epoca regnava il primo imperatore che riuscì a unificare la Cina: Qin Shi Huang, famoso per il suo enorme esercito di guerrieri in terracotta. Qin Shi Huang era un sovrano molto crudele e sanguinario, tuttavia era animato, per certi versi, da ideali molto moderni, tanto che si fece promotore di numerose riforme tese a modernizzare il paese, come per esempio l’unificazione delle monete, degli scarti dei carri (essenziale questo per la mobilità) e delle varie sezioni della Grande Muraglia. Ciò che più ci interessa però è che Qin Shi Huang stabilì uno standard di scrittura uniformando la distanza fra i caratteri e la loro dimensione.
L’attenzione per la lingua si consoliderà infine con la dinastia Han, durante la quale verrà compilato il primo grande dizionario etimologico dei caratteri cinesi, che distingue i loro principi di formazione in sei categorie, tuttora tenute in gran conto dai linguisti.
Questo fondamentale dizionario si chiama Shuōwén Jiězì e risale al I secolo a.C.; vediamo le sei categorie di caratteri in esso citate.

IDEOGRAMMI e PITTOGRAMMI
Nonostante tutti parlino di ideogrammi, riferendosi ai caratteri cinesi, i veri pittogrammi sono molto pochi, appena il 3-4% dei caratteri cinesi. Altrettanti sono gli ideogrammi. Pittogrammi e ideogrammi non costituiscono quindi nemmeno il 10% delle migliaia di caratteri esistanti. Essi rappresentano graficamente un concetto astratto, nel caso dei primi (da qui ideo-grammi), e oggetti concreti, nel caso dei secondi (sono cioè rappresentazioni pittoriche).

Esempi:  (shàng) significa "sopra", mentre (xià) significa "sotto". e sono due ideogrammi, rappresentano infatti il sopra e il sotto ponendo un trattino al di sopra o al di sotto del tratto orizzontale:


 
Esempi di pittogrammi sono invece rén, "uomo, persona" che fa pensare a due gambe,
huǒ, "fuoco", che ricorda effettivamente un fuocherello con tanto di scintille, shān, "montagna" che riporta tre cime. Ci va un po' di fantasia ma tant'è: in realtà molti pittogrammi perdono le loro caratteristiche pittografiche in seguito alla semplificazione dei caratteri! Basti pensare a chē, "carro" che in cinese tradizionale è (che se guardato dalla giusta prospettiva, immaginandosi dall'alto, sempre proprio un carro con tanto di ruote). Proprio per quest'ultima questione molti pensano che dopo la semplificazione ricordare i caratteri sia diventato più difficile. Noi invece ringraziamo per la semplificazione, direi, e andiamo avanti.


COMPOSTI LOGICI e FONETICI
I composti sono caratteri appunto composti, cioè formati da più caratteri semplici. Essi possono unificare quindi più pittogrammi a partire da regole logiche, nel primo caso, o fonetiche, nel secondo. Partiamo dai composti logici.
Il primo esempio richiama quanto già detto nel post Lin Fan di questo blog. Tutte le strade portano a Roma.

"Albero" si dice mù:


Se aggiungo un albero a un albero, ottengo lín, cioè "foresta, bosco": 



 Se poi aggiungo ancora un altro albero, ottengo sēn, cioè "boscoso":



Stessa cosa con "fuoco", il già visto huǒ:



 Se metto un fuoco accanto a un altro fuoco ottengo yán, "bollente, bruciante":


Se poi invece di accostare due volte lo stesso carattere unisco i caratteri per relazione, posso ottenere
míng, cioè "luminoso", che si ottiene accostando i caratteri di "sole" (rì) e "luna" (yuè): 


Oppure il famoso ān "pace tranquillità", composto da una donna (nǚ) sotto un tetto.


Unendo più caratteri semplici si sono quindi creati caratteri più complessi atti a indicare concetti più complessi. 

Ci sono poi anche altri composti, quelli fonetici: essi rappresentano il 60-70% dei caratteri cinesi.

Vediamo questo carattere: yáng, "pecora". C'è un'altra parola che si pronuncia yáng e significa oceano. Quindi cosa faccio? Uso il carattere , ma esclusivamente per il suo suono, non per il suo significato, e vi accosto un'altro carattere che specifichi il campo semantico della mia nuova parola, in questo caso "oceano".
Per scrivere "oceano" scrivo dunque: 


Dove nella parte sinistra ho ciò che determina il campo semantico e che si chiama quindi chiave semantica o radicale, in questo caso il radicale dell'acqua; nella parte destra ho l'indicatore fonetico.


Vediamo un altro esempio. Questi quattro caratteri:


          

Hanno lo stesso indicatore fonetico e quattro differenti radicali. Concludiamo quindi che probabilmente hanno significati diversi, ma uguale pronuncia, tono a parte.
(N.B. Il probabilmente della frase precedente è dovuto al fatto che come sappiamo la lingua scritta e la lingua parlata hanno percorso strade diverse nella storia della Cina, perciò è possibile che a partire dal IV-V sec. a.C. la pronuncia di un carattere sia cambiata. Tuttavia è abbastanza ragionevole partire dall'ipotesi che abbiamo esposto e cioè che tali pronunce, almeno in parte si siano mantenute).
Relativamente alle chiavi semantiche, esse sono poco più di duecento, anche se il numero varia in base al dizionario.
Un altro radicale importante è kǒu che significa bocca. Il radicale compone tutte le onomatopee e tutte le particelle modali che sono legate proprio all'uso del linguaggio!

PRESTITI FONETICI e PSEUDOSINONIMI

Queste ultime due categorie sono un po' confuse e dunque controverse. 
Nel primo caso ho caratteri con un significato, come per esempio l'antico carattere che indicava il frumento e che si pronunciava lái, e che nel corso del tempo prendono a indicare anche un altro significato con lo stesso suono, come venire, e poi perdono il primo per mantenere solo il secondo. Ora venire si dice lái cioè e frumento è espresso da un altro carattere.

Gli pseudosinonimi sono invece caratteri semplici che uso per significati diversi che siano però della stessa area semantica. Per esempio jiàn, vedere, si scrive in caratteri tradizionali
, che deriva dal carattere mù, cioè occhio. All'occhio metto delle zampe e mi immagino un occhio che va lontano, che va a vedere.


Fine della lezione 

No, fine della lezione niente, ieri ho pubblicato la lezione fin qui senza accorgermi che se avessi voltato pagina nel quaderno avrei trovato altro! L'età mi fa perdere colpi.

Quindi, dopo aver parlato dei caratteri, abbiamo ripreso con le interrogative e aggiunto un carattere a una delle frasi di ieri:

你们写汉子吗?
Nǐmen  xiě hànzì ma?

C'è qualcosa di nuovo ossia il secondo carattere men, che è un suffisso di pluralità.
è un composto fonetico ed è formato dal radicale della persona e dall'indicatore fonetico mén, che significa "porta" ma in questo caso è usato per il suo suono. Proprio perché il radicale indica l'uomo, il suffisso si usa esclusivamente con nomi di persona.
Attenzione: se vogliamo esprimere il plurale, è obbligatorio esclusivamente con i pronomi personali, mentre non lo è nel caso degli altri sostantivi. Per esempio: 学生 significa studente, ma anche studenti;  invece significa "tu" e non può significare "voi" a meno che non si aggiunga il nostro .
 Quindi, cosa cambia fra 学生 e 学生们? Nulla, però nel secondo caso sono sicura che sia plurale, nel primo no.

Ultima cosa, anticipiamo il discorso del giorno dopo sulle interrogative: oltre a formare l'interrogativa mettendo la particella modale
al fondo della frase, posso ripetere il verbo in forma negativa:

你们写不写汉字?

Non metto più il  e ottengo un'interrogativa per scelta esclusiva.

Fine della lezione!
(questa volta davvero)

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