venerdì 27 settembre 2013

Lez. 1 Lingua Cinese, martedì 24/09

Riporto ordinatamente i miei appunti del corso di Lingua Cinese I, magari a qualcuno servono, a me di certo serve riscriverli e rielaborarli.

Lunedì 23 si è parlato esclusivamente di questioni logistiche (programmi, esami, testi, dizionari ecc), cosicchè arriviamo a martedì 24, giorno in cui si comincia davvero a parlare della lingua cinese.


La lingua studiata al corso sarà il cinese mandarino, una lingua parlata da moltissime persone non soltanto nella Cina propriamente detta. Il mandarino è la lingua ufficiale della Repubblica Popolare Cinese, ma è anche una delle lingue ufficiali di Taiwan, Hong Kong e Singapore.
In Cina esistono moltissimi dialetti che si differenziano principalmente a livello fonetico (pronuncia); per esempio Hong Kong si scrive 香港: la pronuncia occidentale "Hong Kong" non è mandarina, ma deriva da quella cantonese: Hēunggóng. In mandarino, quegli stessi due caratteri si pronunciano Xiānggǎng.
Il cantonese è un dialetto importante poichè appartiene a una zona molto forte a livello economico, quella a sud, dove si trova anche Hong Kong appunto; il mandarino è una lingua che deriva invece dai dialetti del nord, in particolare da quello di Pechino, ed è una lingua molto giovane, che risale alle metà del Novecento.

Cosa c'era prima?
L'esistenza di un sistema linguistico in Cina è attestata già dal II millennio a.C. Da quell'epoca la lingua si è evoluta con il passare dei secoli, fino ad arrivare al IV-V secolo a.C., periodo a cui risalgono alcuni importantissimi testi di filosofia cinese, come ad esempio il Tao Te Ching. Con questi testi si è creato un vero e proprio standard linguistico scritto, a cui ci si riferisce parlando di cinese classico o wenyan. Il wenyan si è mantenuto fino al Novecento, ma ovviamente mentre la lingua scritta restava stabile, quella parlata ha continuato ad evolversi naturalmente, fino a distaccarsi in modo notevole dalla lingua letteraria. Questo fenomeno, che è presente tutto sommato anche nelle nostre lingue europee, nel caso del cinese è più pronunciato, poichè i caratteri scritti cinesi non danno indicazioni sulla pronuncia, che si è quindi diversificata a seconda delle aree geografiche.

La costanza della lingua scritta ha tuttavia permesso a un paese enorme come la Cina una grande unità culturale, poichè se è vero che parlando due cinesi di province diverse potevano non capirsi, scrivendo la comunicazione si manteneva possibile e questo riguarda non soltanto la Cina, ma anche molti paesi limitrofi come il Giappone o la Corea, che adottarono il sistema linguistico della Cina, all'epoca più evoluta culturalmente.

Il wenyan costituiva quindi lo standard del cinese scritto e veniva utilizzato in letteratura, ma anche in ogni situazione ufficiale. Già durante il periodo Han (II sec. a.C.-II se. d.C.), tuttavia, qualcosa inizia a cambiare: a questo periodo risalgono già le testimonianze della presenza di due lingue diverse, una letteraria, il weiyan appunto, e una colloquiale, il baihua, usata anche in campo scritto in realtà, ma per generi più umili, come il racconto fantastico, la parabola, l'aneddoto. Il buddismo, per esempio, usò moltissimo questa nuova lingua per comunicare con il popolo che ovviamente non conosceva il wenyan.
Accanto al weiyan troviamo quindi il baihua, che diventerà poi la base per una lingua unificata comune e un'altra lingua, utilizzata invece dai funzionari, che avevano anch'essi la necessità di comunicare fra loro con facilità: il guanhua.

Si arriva quindi all'Ottocento in questa condizione: i testi letterari sono scritti in weiyan, i testi volgari in baihua, si parlano mille dialetti fra la popolazione e il guanhua fra i funzionari.
Una situazione piuttosto caotica insomma, in cui:
1. Manca una lingua veramente comune.
2. Larga parte della popolazione è analfabeta.

Questi due problemi diventeranno urgenti nel momento in cui la Cina comincia a confrontarsi con l'Occidente, che nell'Ottocento entra nella fase del colonialismo. In Cina giunsero moltissime delegazioni occidentali, ma l'imperatore, che secondo la tradizione era scelto dal Cielo, non ritenne concepibile abbassarsi al livello di un qualsiasi monarca europeo. Da questo deriva tutta una storia di gretto colonialismo e sfruttamento delle risorse, prima fra tutte l'oppio, che scatenò le famose guerre dell'oppio, da cui la Cina se ne uscì tramortita e calpestata (è in questa occasione che Hong Kong - come molti altri porti - passa agli inglesi).

Si apre a questo punto, fra gli intellettuali cinesi, un dibattito su come salvare la Cina dal declino a cui sta andando incontro e nasce la questione della lingua: uno stato che sia davvero moderno non può non avere una lingua comune e non deve avere un tasso di analfabetismo così alto.
Che fare? Relativamente al primo problema, vengono fatti vari tentativi ed esposte varie idee, ma alla fine, negli anni Cinquanta, prevale la soluzione di prendere il dialetto del nord (già di per sè parlato da moltissime persone) ed estenderlo su scala nazionale. Il mandarino nasce quindi dall'unione della struttura grammaticale del baihua e la pronuncia del guanhua, che usa a sua volta lo standard fonetico del dialetto della capitale, Pechino.
Il secondo dibattito, che si conclude anch'esso negli anni Cinquanta (poichè il 1 ottobre 1949 nasce la Repubblica Popolare Cinese!) riguarda la semplificazione dei caratteri, l'unica via per facilitare l'apprendimento della lingua e favorire quindi l'alfabetizzazione del popolo.
Grazie a queste due iniziative, il cinese mandarino comincia a diffondersi, grazie anche a numerosi sforzi dello stato, che diffonde la lingua attraverso la radio e la televisione e forma una classe di insegnanti in grado di formare le nuove genrazioni.

Il mandarino è fatto!

Oa vediamone le caratteristiche. Il mandarino è:

A. Una lingua ISOLANTE.

Il mandarino non presenta declinazioni nè coniugazioni. Una parola, come per esempio  

工作 (gōngzuò)

Può significare sia "lavoro" che "lavorare", "lavoravo", "lavorai" ecc ecc. Il significato perciò si comprende, di volta in volta, solo in base al contesto
Questo succede perchè il cinese è una lingua molto economica. Se scrivo a inizio frase "ieri" non ho poi bisogno di esprimere il tempo passato dell'azione tramite mille verbi tutti declinati al passato: ho già la parola "ieri" a indicare il tempo di narrazione.  Il cinese non ripete le informazioni già espresse!

B. Una lingua MORFEMICA.

Questo significa che ogni sillaba è un morfema: ogni sillaba cioè è dotata di un valore semantico. Ogni sillaba è insomma una parola!
Il cinese classico era prettamente monosillabico, quindi il 90% delle parole erano composte da un solo carattere (una sillaba); il cinese moderno invece presenta per la maggioranza dei casi parole bisillabiche. Ma ciononostante la sillaba continua a mantenere un significato autonomo, anche se viene combinata per formare altre parole.

C. Una lingua TONALE.

E questa è la caratteristica di tutte le lingue che fanno parte del ceppo linguistico sino-tibetano. Il tono è l'altezza del suono prodotto per vocalizzare una sillaba. In cinese esistono quattro toni e a seconda del tono una stessa sillaba ha significati diversi.
I toni non posso scriverli, ma qui sono spiegati bene:



Fine della lezione!



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